Famiglia

Mancano all’affido ventimila bambini

Tanti sono i minori che in Italia sono ancora rinchiusi in centri o case di ricovero. Perché in molte regioni questo strumento è ancora sconosciuto....

di Daniela Romanello

C erco famiglia per Carolina. E per Tommaso. E per Giuseppe. E per Tamara. E per? E per? E per altri 14.945 bambini. Se dovessimo pubblicare un annuncio per ciascuno di loro, non solo non basterebbero le pagine dell?Inserto Opportunità (dove comunque quasi ogni settimana viene ospitato un appello di questo genere), ma non sarebbero sufficienti neanche quelle di un intero numero del giornale. Tanti sono, infatti, i minori che in Italia sono ancora ospitati in strutture residenziali, in centri di accoglienza, in centri diurni, in case alloggio. Un appello per svuotare gli istituti Tanti sono i minori che risultano ricoverati in istituto (perché tale è non solo la mega struttura stile orfanotrofio di una volta, ma anche la più moderna e agile casa alloggio) dal censimento effettuato dal Centro Nazionale di Documentazione e Analisi sull?Infanzia e l?Adolescenza che ha sede a Firenze. Bambini dimenticati? Sì, secondo l?Anfaa ? l?Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie che, anzi, parla di 20 mila minori istituzionalizzati aggiungendo ben 4 mila bambini disabili non conteggiati nel censimento ministeriale del giugno ?98. E che lancia una massiccia campagna di mobilitazione perché si possa finalmente dire ?Istituti mai più?. Come? «Puntando sull?affido», spiega Frida Tonizzo. Le Regioni non hanno i dati «È uno strumento giuridico che già abbiamo, ma che non è stato sufficientemente valorizzato in tutti questi anni soprattutto per l?inadeguatezza dei servizi in molti casi non attrezzati, anche culturalmente, a seguire sia la famiglia d?origine sia la famiglia affidataria». Uno strumento giuridico che in molte zone del Paese è ancora tabù. Se si tenta di fare un quadro della situazione, l?immagine comune che viene fatta dagli studiosi e dagli operatori è quella di una realtà a ?macchia di leopardo? dove coesistono zone in cui l?affido familiare viene praticato da trent?anni e altre in cui i casi si contano sulle dita. Una cosa è certa: non si sa quanti siano gli affidi familiari attualmente in corso in Italia. Il Centro nazionale di documentazione ha messo in cantiere un censimento che dovrebbe fotografare la situazione dei primi sei mesi del ?99, ma le difficoltà incontrate nel reperimento dei dati presso le amministrazioni locali (l?affido è gestito a livello di Comune o, nel caso di centri minori, di Asl o di consorzio di Comuni), la disomogeneità dei criteri di classificazione e anche la differente interpretazione legislativa su cosa sia un affido, hanno allungato i tempi e resa problematica l?elaborazione dei risultati. Alcune Regioni, per iniziativa propria o in funzione di questo censimento, hanno pubblicato dei dati che però possono essere letti solo come indicativi non essendo neanche confrontabili fra di loro: in Lombardia, a fronte di 4.970 minori in istituto, 2.392 sono in affido; in Veneto, rispettivamente 1.064 e 842 affidati; in Piemonte, 1.085 contro 1.633 (dati parziali). Ma senza aspettare i dati ufficiali, c?è chi sta già lavorando perché l?affido diventi sempre più uno strumento a misura di famiglia. «Sì perché è ora che venga compreso, anche a livello legislativo, che l?affido non è un intervento di assistenza sociale e che la famiglia affidataria non è un operatore a servizio dell?ente pubblico», spiega Alda Vanoni, presidente di Famiglie per l?accoglienza, un?associazione che raduna famiglie che sono coinvolte in molteplici tipi di accoglienza tra cui anche l?affido di minori. «La famiglia affidataria è una famiglia che, nella normalità e nella solidarietà, apre la sua vita a chi ne ha bisogno. Ed è questa famiglia che deve essere sostenuta nelle inevitabili difficoltà che incontra, anche perché chi viene accolto ha sempre un vissuto problematico». I genitori da soli non ce la fanno L?affido è insomma un percorso personale che deve però poter essere sostenuto da una rete di famiglie. Le fa eco don Mauro Inzoli, presidente dell?Associazione Fraternità, nata nel 1983 da un gruppo di famiglie che aveva iniziato ad accogliere nelle proprie case minori e giovani in difficoltà. «L?esperienza di quindici anni d?attività e di circa 230 minori accolti ci fa affermare con forza che la famiglia è una grande risorsa, ma che la famiglia da sola non ce la fa e che la strada è la solidarietà tra le famiglie, solidarietà che deve essere riconosciuta anche dalle istituzioni». «Per trovare nuove famiglie affidatarie, bisogna seguire bene quelle che già hanno in corso un affido. Gli affidatari non sono salariati, ma si avvicinano a questa esperienza con motivazioni sociali o religiose e questo è una ricchezza tutta italiana», afferma Frida Tonizzo dell?Anfaa. E aggiunge: «La motivazione però deve essere sostenuta e i servizi non possono più considerare gli affidatari come utenti, ma come interlocutori, sentiti e considerati. Come aiutata deve essere anche la famiglia d?origine: troppo spesso l?affido non raggiunge il suo scopo, che è quello di reinserire il minore nella sua famiglia, perché questa è stata abbandonata a se stessa». La sfida del 2000 è dunque questa: un aiuto alla famiglia perché ogni bambino abbia una famiglia.


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